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Scoria da forno elettrico: da rifiuto a sottoprodotto

Nella maggior parte dei paesi industrializzati le scorie generate dalla produzione dell’acciaio non sono più considerate come scarti, bensì come sottoprodotti di processo. L’aver convertito i costi di discarica in entrate derivanti dalla vendita delle scorie ha offerto considerevoli risparmi alle acciaierie ed allo stesso tempo ha contribuito a ridurre sia il consumo di risorse e di energia, sia l’emissione di gas serra. Tuttavia se questo è particolarmente vero per le scorie da altoforno, altrettanto non può essere detto delle scorie da forno elettrico ad arco (EAF), le scorie cosiddette “nere”, da distinguersi e da tenere accuratamente separate, anche dal punto di vista della gestione in acciaieria, dalle scorie dette “bianche”, che sono invece prodotte al forno siviera nella fase di affinazione dell’acciaio.

Alcuni aspetti hanno preliminarmente spinto i fautori della presente ricerca a prendere in esame l’opportunità di procedere ad uno studio di come implementare un idoneo impianto per il trattamento della scoria da EAF al fine di renderla adatta al riutilizzo.

In primo luogo vi sono la crescente attenzione ambientale e gli sforzi che l’industria siderurgica sta compiendo per mettere a punto cicli produttivi con emissioni zero. La scoria che esce dalla acciaieria deve quindi essere in primo luogo compatibile sotto il profilo ambientale e possibilmente non deve più essere un rifiuto da mandare in discarica, bensì deve diventare un sottoprodotto da destinare a specifiche applicazioni.

Vi sono, poi, anche questioni relative alla disponibilità di siti per il conferimento delle scorie; negli anni passati, la difficoltà di reperimento di discariche ha infatti portato alla lievitazione dei costi per il conferimento. E’ facile prevedere che tali difficoltà cresceranno inevitabilmente nel futuro e questo potrebbe determinare una perdita di competitività per le acciaierie che operano nei paesi con maggiore attenzione alle tematiche ambientali.

Per quanto riguarda poi i metodi esistenti di trattamento delle scorie, essi non sono sempre pienamente compatibili sotto il profilo ambientale ed il valore intrinseco della scoria come prodotto per gli ulteriori possibili impieghi non è sempre completamente realizzato. Talune operazioni, prevedendo il contatto della scoria incandescente con acqua, non sono fra l’altro esenti da problemi di sicurezza nel caso accidentale di ristagno di anche minimi quantitativi di acqua. Infine, la ripetibilità delle operazioni, in particolare per quanto concerne i cicli termici fatti subire alla scoria, non può essere assicurata e conseguentemente anche le caratteristiche della scoria a fine trattamento possono eventualmente non rispondere a tutti i requisiti richiesti per il loro riutilizzo.

Per quanto riguarda la scoria dell’EAF, questa attualmente viene fatta fuoriuscire dal forno inclinando il forno medesimo e lasciando tracimare la scoria attraverso la porta di scorifica. Nella maggior parte dei casi poi la scoria finisce o in una paiola, che una volta piena viene sostituita, e all’interno della quale la scoria viene lasciata raffreddare, oppure è direttamente versata sul piano di lavoro inferiore a quello del forno, eventualmente raffreddata con getti di acqua e movimentata per una prima disgregazione, e da qui trasportata poi nella zona di stoccaggio, mediante mezzi meccanici. Destinazione ultima della scoria EAF è infine la discarica.

Per le sue potenziali caratteristiche chimiche, fisiche e meccaniche la scoria potrebbe oggi, in accordo con le normative Europee e Nazionali vigenti, essere destinata a vari tipi di impieghi; questo, in alternativa allo smaltimento, consentirebbe evidentemente di evitare di ricorrere allo sfruttamento di risorse naturali quali sabbie e ghiaie, senza per altro causare alterazioni negative dell’ambiente in cui viene impiegata. Per le stesse ragioni, la scoria EAF potrebbe poi essere impiegata anche per il ripristino ambientale di quelle zone, quali ad es. cave, miniere, ecc., dove l’intervento dell’uomo ha determinato modifiche del paesaggio che non possono essere oggi tollerate.

Per essere utilizzata in tali ambiti la scoria da EAF necessita: a) di un trattamento meccanico di frantumazione che ne riduca le dimensioni a frazioni granulometriche di interesse commerciale, b) nel caso della presenza di frazioni di ossido di calcio e di ossido di magnesio non legati al di sopra di specifici limiti, di una prolungata stagionatura il cui fine è quello di promuovere un processo naturale di idratazione e carbonatazione, ossia una stabilizzazione di tali ossidi così da evitare qualsiasi problema di rigonfiamento e disgregazione, c) e soprattutto di una idonea messa a punto della sua composizione chimica, che soddisfi in primo luogo le esigenze del processo metallurgico, ma che consenta anche, attraverso un raffreddamento rigorosamente controllato, di evitare la presenza di costituenti strutturali in grado di rilasciare elementi non compatibili con l’ambiente in misura superiore rispetto a quella consentita nei test di cessione previsti dalle normative.

L’impianto Slag-Rec, frutto di questa ricerca, e realizzato presso MFL, Liezen (Austria) su progettazione di Cabra Engineering, Rogno (Brescia), è attualmente in fase di test ed avviamento presso la acciaieria ASO, Ospitaletto (Brescia); con esso si intende realizzare la granulazione a secco della scoria, eliminando il contatto della stessa con acqua di raffreddamento, attuando allo stesso tempo un raffreddamento controllato e ripetibile in funzione del tipo di scoria da trattare.

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